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venerdì 12 aprile 2019

VdL - Quo vadis, baby?, Grazia Verasani

Mi devo fermare un attimo prima di parlarvi di questo libro. Breve, un 150 pagine o poco più, ma denso, con un tema di fondo pesantissimo: il suicidio di una persona cara.
Come già dissi recensendo "13" l'argomento mi colpisce in modo particolare. In questo caso è affrontato in maniera diversa, dalla parte dei sopravvissuti.
Non capiamoci male però: non è un libro pesante, dolente, anche, ma è soprattutto un libro rabbioso, gonfio della rabbia di chi non capisce e sa di non aver mai capito.

Il vuoto lasciato dal suicidio della sorella Ada, sedici anni prima, non può essere riempito da nulla e Giorgia se lo ricorda ogni giorno. Quarant'anni portati senza riguardo, una propensione per il bicchiere e per le sigarette, Giorgia è la titolare, insieme al padre carabiniere in pensione, di un'agenzia investigativa privata a Bologna. Non c'è un uomo nella sua vita ed il lavoro che fa non contribuisce certo a fargliene sentire la mancanza, infatti, per lo più, si occupa di corna. Suo padre non è che stia molto meglio, solitamente affoga il suo dolore nell'anice. Un dolore doppio perché anche la madre di Giorgia si è tolta la vita, molti anni prima, quando lei e Ada era solo due ragazzine. Giorgia è la figlia forte, che ha preso dal padre, destinata a diventare avvocato, impegnata in politica e nel sociale; Ada è l'artista di casa, suona il piano e vuol fare l'attrice, sognatrice e idealista un giorno parte per Roma con Giulio, il fidanzato, e da Roma tornerà dentro una cassa. Dal passato di Ada riappaiono delle lettere, scritte ad un amico d'infanzia; in esse emerge un fantomatico "A." ... Giorgia non può darsi pace e comincia ad indagare.

Può sembrare un giallo, ma in fondo non lo è, in realtà è un viaggio all'interno di una famiglia, problematica sì, ma non più di tante altre. Non ci sono problemi veri, come litigi, violenze, tradimenti, menzogne ... c'è l'inadeguatezza alla vita che alcune persone purtroppo hanno. La madre di Giorgia e Ada è infelice, distante, viene descritta con lo sguardo sempre puntato lontano come a cercare qualcosa di irraggiungibile e, forse, sconosciuto anche a lei stessa. Ada eredita la stessa infelicità, un vuoto interiore che non riesce a colmare con nulla, ne' col teatro, ne' con l'alcol, ne' con la droga, ne' col sesso. E soccombe.
Il problema rimane tutto addosso a chi sopravvive. Il tarlo quotidiano di non aver capito, di non essere intervenuti in tempo, di non aver offerto un aiuto, di essere stati lontani quando c'era bisogno di noi. Non credo che sia così. Chi si uccide ha già deciso. Da tempo. Il pensiero è sempre stato lì, sotto il pelo dell'acqua. Ed un giorno all'improvviso emerge. Punto.
Sullo sfondo di tutto questo Bologna, una Bologna invernale, con la nebbia, il freddo addirittura la neve. Un distillato di Bologna, o meglio, della Bologna che ricordo ancora bene, con i suoi bar aperti fino a notte fonda, le osterie dove si suona jazz. E poi via Ferrarese (ci andavo quasi tutti i giorni), il Parco Nord (ah ... quando c'era il MadeinBO ...), la pianura nebbiosa e assolutamente orizzontale tutt'intorno (per me, donna di montagna, era "troppo" orizzontale). Non c'è nulla da fare, come dice Carboni "perché Bologna è una regola" e se ti entra nel sangue senti il suo richiamo anche attraverso le pagine di un romanzo.
Lo scritto è diretto, senza tanti fronzoli, il linguaggio pure, ma la narrazione è profonda, scava nell'animo dei protagonisti. La vedi davanti a te Giorgia, sigaretta in bocca, occhiaie da notte insonne, vestiti buttati su in fretta, sguardo tormentato col pensiero della sorella sempre in sottofondo.



GIUDIZIO CRITICO: ❀❀❀

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1 commento:

  1. Letto anche io anni fa, folgorata dalla copertina (non so se l'ho recensito sul blog). Piaciuto molto proprio per la componente introspettiva della protagonista

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