American Rust è un romanzo che colpisce anche se, personalmente, non l'ho trovato un capolavoro come invece spesso viene decantato. Racconta una realtà che noi europei spesso non consideriamo quando pensiamo agli USA: la crisi. Esattamente come in Europa ed in Italia, anche negli Stati Uniti c'è stata una grossa crisi economica (fine anni '90 inizio 2000 circa) che, come qui da noi, ha travolto moltissime grandi imprese. Nella zona di Pittsburgh in Pennsylvania nasce, fin dal 1800, un grosso polo di lavorazione dei materiali ferrosi; fino agli anni '80 la quasi totalità della popolazione della zone lavorava nelle acciaierie o nell'indotto. Ora l'occupazione è straordinariamente bassa per le aziende ancora in vita, la periferia e le valli attorno a Pittsburgh hanno subito un lento destino d'abbandono e di impoverimento economico e sociale.
In questo contesto di degrado socio-economico s'inserisce il racconto di Ruggine Americana (dove la ruggine è quella delle acciaierie abbandonate).
Isaac English ha vent'anni ed il cervello di un genio, ma la morte della madre e la partenza della sorella maggiore lo hanno costretto a rinunciare al sogno del college per rimanere ad accudire il padre invalido. Da anni Isaac sogna di fuggire da Buell, paese dove il sogno americano si è infranto sugli scogli della crisi economica. Un giorno Isaac decide di partire, ruba i soldi accantonati dal padre e si mette in strada verso la California. Billy Poe è il suo unico amico, di cervello non ne ha molto ma il suo talento nel football gli aveva procurato un posto al college. Anche Billy però non è partito, più per pigrizia che per la reale volontà di rimanere con la madre. E Billy non vuole partire, nemmeno se Isaac lo prega di andare con lui; accetta solo di accompagnarlo per una breve tragitto. Proprio lungo quel breve tratto di cammino il destino li attende e cambia per sempre le loro vite.
Devo dire che la vicenda mi ha ricordato moltissimo un romanzo italiano, "Acciaio" di Silvia Avallone che ho letto diversi anni fa. Il contesto è molto molto simile: la Piombino dell'Ilva in crisi non è poi così diversa della Buell in Pennsylvania; lo stesso degrado sia sociale che strutturale, gli stessi giovani allo sbando, spesso cresciuti in famiglie difficili, dove il lavoro è un problema ed il futuro è molto più che incerto.
Ho letto diverse recensioni di questo romanzo ed in realtà non mi rispecchio in nessuna. Secondo me alla fine i personaggi hanno un percorso circolare che li riporta alla stesso punto iniziale. Non si capisce bene se ci sarà speranza di un futuro per Isaac e Billy, l'autore ci lascia con l'incertezza. Gli adulti sono tutti condannati a scontare i loro errori, condannati alla ruggine come le industrie della valle.
Lo stile è molto interessante, ogni capitolo ha un narratore specifico che si suddivide poi in un io narrante che parla in terza persona ed un io pensante che parla in prima persona e ci fa conoscere i suoi pensieri ed il suo punto di vista sugli eventi. Spesso i due "io" dialogano fra di loro ed il racconto fluido del narrante viene interrotto dai pensieri sincopati del pensante.
Un racconto che lascia indubbiamente molta amarezza; il destino sembra scritto nei geni dei due ragazzi protagonisti mentre, per assurdo, è stato liberamente scelto dagli adulti che li circondano. Personalmente mi ha tanto ricordato, anche se più in piccolo, la situazione economia della valle in cui vivo che mi ha rattristata e fatta arrabbiare: in certi personaggi ho rivisto l'ottusità e la mancanza di prospettive che vedo fin troppo spesso nei miei compaesani; l'arrendersi ad un destino di disoccupazione fine a se stesso, l'attaccamento ad una realtà ormai defunta che, al momento, non ha più nulla da offrire ma da cui in troppi ancora non si voglio sganciare.
In definitiva un bel romanzo, dal linguaggio crudo e diretto, che vale sicuramente la pena leggere.
GIUDIZIO PERSONALE: ❀❀❀ e 1/2
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