Montanari Family

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sabato 18 febbraio 2017

Brazadéla o ciambella bolognese per Batù

Qualche tempo fa, la mia amica Batù mi ha chiesto la ricetta per la "tipica ciambella bolognese".
Devo ammettere che sul momento sono rimasta interdetta, perché "tipica ciambella bolognese" è un appellativo che, qui da noi, si potrebbe applicare ad una sacco di preparazioni. Per me la ciambella tipica, anzi per meglio dire la brazadéla o braciadéla, è quella che faceva mia mamma quando ero piccola: un bel tortino morbido fatto apposta per inzupparlo nel latte la mattina!
Ma, chiedendole bene, ho capito che Batù intendeva parlare di una tipo di ciambella che, per essere sincera, in casa mia hanno fatto qualche rarissima volta mia nonna e mia zia e che, in effetti, è molto più caratteristica delle "Due Torri" piuttosto che della provincia. Trattasi di una ciambella dura, poco dolce, adatta ad essere inzuppata nel liquore a fine pranzo, alla moda dei cantucci per interderci ... beh, micca per niente siamo vicini di casa dei toscani!
Comunque con grande fatica sono riuscita a recuperare la ricetta più tradizionale possibile. Io l'ho provata ed in famiglia è piaciuta.
Quindi oggi la posto e la dedico a Batù visto che è anche il suo compleanno.

Ingredienti:
- 350g di farina 00
- 100g zucchero semolato
- 1 bicchiere latte
- 60g burro
- 1 uovo
- 1 bustina lievito
- 1 limone

Mescolare la farina, il lievito, l'uovo e la buccia grattugiata del limone.


Sciogliere il burro in un pentolino e fare raffreddare (io ho usato parte di margarina ed è venuto bene lo stesso). Unire il burro sciolto al composto di farina, mescolare prima con un cucchiaio di legno e poi terminare con le mani.



Con questa pasta formare un filone e dargli la forma a ciambella o, più tipicamente ad "esse" spigolosa. Porla su una teglia rivestita di carta da forno e cuocere la ciambella dura a 160° per 50 minuti.


La ciambella andrebbe cosparsa, prima della cottura, con zucchero in grani o granella di zucchero, chiamatelo come volete: questa è la ricetta tipica assieme alle ciliege candite.
Io odio i canditi e la granella in casa non piace, quindi ho messo una specie di momperiglia grossa che ha dato colore al tutto. Devo dire che quando si mangia non è il massimo perché le palline sono un po' dure sotto i denti, quindi evitate questa soluzione a favore di una più classica, magari le codette di cioccolato.



Il risultato è buono e non pesante; non è molto dolce quindi se invece gradite il dolce aggiungete zucchero.
Per correttezza vi informo che questo  dolce si può farcire con la marmellata: stendere la pasta spessa circa 1.5 cm e spennellarlo con la marmellata, chiudere tipo strudel e dargli la forma di una ciambella. Servire spolverizzando con zucchero a velo o con codette colorate.
Devo dire che non ho mai assaggiato questa variante. In casa mia, come dolce ripieno, si prepara, di solito per Natale, la pinza bolognese, altro dolce tipico di cui magari vi parlerò più avanti! Noi lo adoriamo!!
Quindi
BUON COMPLEANNO BATU'
e
BUONA BRAZADE'LA!!!!

venerdì 10 febbraio 2017

VdL - L'estate nera, Remo Guerrini

Buongiorno amiche "leggione"!
Ieri stavo pensando al fatto che da quando gli ebook sono approdati nella mia vita, la diversità di ciò che leggo si è notevolmente ampliata, in bene e in male. Infatti, quand'ero ragazza i soldini che potevo spendere in carta stampata erano pochi, inoltre vivevo in un paese diciamo "medioevale" e potevo accedere alla vera letteratura solo le poche volte che andavo in una libreria di Bologna. Motivo per cui, quando ciò accadeva, avevo una, di solito, lunghissima lista di titoli oculatamente scelti fra le cose che più desideravo leggere. Raramente, molto raramente leggevo cose che poi non mi piacessero.
Ora che gli ebook te li tirano dietro, più o meno, posso concedermi molti sfizi letterari e buttarmi su lettura avventate; il che è bene, perché molte volte ho incontrato piccole gemme di scrittura dietro titoli che una volta avrei scartato a priori ed anche perché mi permette di esplorare scrittori italiani che ho sempre teso a lasciare un po' in disparte.
Così è stato per il romanzo che voglio presentarvi oggi, L'estate nera di Remo Guerrini, un autore che proprio non conoscevo.
L'azione si svolge ad Altavilla, un paesino di fantasia del Monferrato, tutto comincia nell'estate del '62 e ruota attorno ad un gruppo di dodicenni: Massimino, Attila, Eva, Saturnina, Federico, Canavesio, Santino e Giusi. Vengono tutti da realtà diverse, da Canavesio che è il "mezzo delinquente" del paese, povero e senza padre a Eva e Massimino che invece sono villeggianti di città e vivono nell'agiatezza, da Attila figlio di artigiani che sogna di lasciare il paese che gli va' stretto a Federico che invece grandi aspirazioni non ne ha tranne quella di sposare Saturnina. In campagna l'estate può diventare lunga se si ha poco da fare e, a volte, per divertirsi si prende di mira il debole. In questo caso il debole è il vecchio Beniamino il matto, che vive sempre ubriaco, in solitudine, imprecando contro tutto e tutti. All'inizio è un gioco innocente, giusto per farlo un po' sbraitare, ma poi un'inspiegabile crudeltà s'impadronisce dei ragazzi che spingono sempre più oltre il loro gioco fino ad una tragica domenica d'agosto durante la quale un furioso temporale si porta via la vita di Beniamino e l'innocenza di un gruppo di ragazzini.
Trent'anni dopo, la riesumazione dei cadaveri al vecchio cimitero riapre il giallo sulla morte di Beniamino e costringe i protagonisti, che la vita ha disperso e allontanato, a ritornare ad Altavilla e a fare i conti con se stessi e con quell'estate nera.
Il romanzo è abbastanza crudo. La parte in cui i protagonisti sono giovani, anzi, pone particolarmente l'accento sulla lucida crudeltà insita nei ragazzi; una crudeltà che si manifesta nei loro rapporti d'amicizia e che spesso appare come un guscio, una corazza che ognuno di loro si costruisce attorno per essere in grado di affrontare la vita. Quelle corazze non se le toglieranno mai. Li ritroveremo adulti, chi realizzato, chi fallito, ma ancora preda delle proprie angosce adolescenziali, delle antiche gelosie e di sentimenti mai sopiti.
Personalmente preferisco un atteggiamento più soft quando si parla di gioventù, ma devo dire che questo libro, scritto peraltro molto bene, dipinge una realtà che non piace ma che alla fine, per l'appunto, è reale. Quello che colpisce moltissimo è il concetto di "banalità del male"; non si capisce mai cosa sia effettivamente successo a Beniamino, probabilmente alla fine muore per un incidente, ma il dubbio rimane perché la violenta volontà di morte dei ragazzi è reale, forte e non può essere frenata. Fa paura.
L'unica pecca, secondo me, è il finale che, francamente, ho trovato un po' esagerato e inverosimile. E desolante. Probabilmente è proprio per questo che l'autore ha scelto quel finale: doveva essere desolante e privo di speranza. Come ho già detto tutto ciò non è proprio nelle mie corde, ma il libro merita certamente di essere letto. Attendo il vostro parere!


Giudizio critico : ❀❀❀
i libri presentati oggi li trovate QUI