Il romanzo di cui vi parlo oggi è in realtà poco più di un racconto. La narrazione parte da ciò che pare essere un fatto reale: nel 1506 Michelangelo venne invitato a Costantinopoli dal sultano Bayazid che vuole fargli costruire un ponte in mezzo al porto della città, una struttura portentosa che dovrà sorgere sul Corno d'Oro.
Da questo punto in avanti realtà e fantasia sono piuttosto confuse: si sa che Michelangelo obiettò di non essere un ingegnere, ma l'impresa lo tenta per vari motivi. Prima di tutto è in fuga da Roma e da papa Giulio II e dalle sue ire; in secondo luogo già Leonardo da Vinci venne interpellato per la costruzione del ponte, ma il suo progetto non piacque al sultano ... quale migliore occasione per umiliare il rivale?
Di fatto non è certo se veramente Michelangelo abbia accettato l'invito e si sia recato a Costantinopoli, ma Enard ipotizza di sì ed il romanzo è una cronaca di questo viaggio. Giunto nella città turca allo scultore fiorentino vengo assegnati un traduttore, un paggio ed un segretario; il segretario è Mesihi da Pristina, personaggio reale, poeta e artista protetto del visir, che guida Michelangelo attraverso la città e le sue bellezze.
Devo dire che tutto sommato ho trovato sostanzialmente strumentale la presenza di Michelangelo, sembra messo un po' lì per incuriosire ed attirare l'attenzione del lettore; il protagonista sarebbe potuto essere chiunque altro e non sarebbe cambiato nulla ai fini della storia. Più che una vicenda è l'affresco di un periodo, il '500, e di una città, Costantinopoli.
La prosa è molto bella e utilizza un lessico interessante, quasi d'altri tempi; scorrevole, si legge in poco tempo.
Diciamo che tutto sommato non lascia molto, ma leggerlo non è faticoso quindi vale la pena togliersi la curiosità.
GIUDIZIO CRITICO: ❀❀
Gli altri suggerimenti di oggi li trovate sul blog di Homemademamma, promotrice del venerdì del libro.
venerdì 30 novembre 2018
venerdì 9 novembre 2018
VdL - Il matrimonio di mio fratello, Enrico Brizzi
La prima volta che ho incontrato "incontrato" Enrico Brizzi ero una giovane universitaria appena uscita dal liceo di cui conservavo ancora gli odori e gli ardori; il suo primo libro, "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", fu un po' un colpo di fulmine pur nella sua semplicità. Per me era facile amarlo e farlo mio: ambientato a Bologna, la mia città, nei luoghi che conosco e che amo, il liceo Galvani in fondo non così diverso dal mio liceo di provincia, gli amici, le serate pazze e inconcludenti, l'amore adolescenziale ... eh ... chi non se lo ricorda?! All'epoca erano cose così vicine nel tempo che finii per adorare questo libro, leggendolo e rileggendolo fino consumarlo.
Dopo quasi 25 anni "rincontro" il signor Brizzi e ... beh, siamo cresciuti entrambi, siamo due adulti che parlano e scrivono/leggono da adulti. Ma ci conosciamo e ci riconosciamo in una corrispondenza che si rinnova anche a distanza di tempo. Questa è una storia da adulti, ma la narrazione è dolce e nostalgica come, a modo sua, lo era quella del protagonista adolescente di allora; solo più matura e disincantata.
Trama tratta da Mondadori:
Teo ha 39 anni, un lavoro sicuro, una bella casa, una macchina aziendale ed una donna diversa ogni week-end. Non ama impegnarsi troppo a fondo per quel che riguarda i sentimenti, ma la sua vita gli va abbastanza bene così. Non come suo fratello Max che ha sempre avuto un atteggiamento radicale in ogni cosa: nel rapporto con i genitori come nell'amore per l'alpinismo; nello sposarsi a fare i figli dopo i trenta, come nel separarsi rovinosamente dopo i quaranta.
Teo sta rientrando a Bologna dopo giorni di lavoro lungo la costa adriatica quando riceve la telefonata dei genitori, i quali lo informano, angosciati, che Max non si trova insieme ai suoi bambini.
Così Teo si lancia in un viaggio a rotta di collo verso l'Alto Adige, dove Max vive. Un viaggio che è anche un viaggio nel passato.
Sostanzialmente questo romanzo è la narrazione della vita, dagli anni '70 ad oggi, di una famiglia italiana normalissima, come ce ne sono tante, potrebbe essere la mia come la vostra. Per questo, quello con Enrico Brizzi, è stato di nuovo un incontro emotivo molto bello.
Io sono sostanzialmente coetanea di Max, quindi leggere la loro vita, dall'infanzia all'età adulta, è stato un po' come rileggere la mia. I giochi da bambini in cortile, le vacanze al mare in Romagna con la nonna, persino l'amore per la montagna, pure questo abbiamo in comune. La scuola, gli anni che passano, l'inevitabile distanza che in adolescenza si crea fra fratelli; il rapporto con la famiglia, che è diversa dalla mia ma alla fine neanche poi così tanto; il ritrovarsi, una volta adulti.
Sullo sfondo l'Italia che cambia e che fa capolino fra le pagine e nella vita dei protagonisti: dall'"Italia da bere" degli anni '80, al terremoto di Mani Pulite alle incertezze della Seconda Repubblica. Noi, figli degli anni '70, figli del boom economico, eravamo destinati a grandi cose; abbiamo avuto un'istruzione eccellente, pagata a suon di sacrifici dai nostri genitori, convinti che questo ci avrebbe spianato la strada verso una vita di successo. Ma la società è cambiata attorno a noi e ci siamo ritrovati ad annaspare soffocati da mutui impossibili, lavori precari ed un'economia che non è più in boom ma in flop.
Quindi, quello che sembra un romanzo semplice, forse pure banale, è invece un romanzo che narra in maniera puntuale ed efficace la storia degli ultimi 40 anni, i cambiamenti sociali e culturali, il tutto attraverso gli occhi di due fratelli.
In questo libro ho ritrovato Bologna, i bolognesi, le mie esperienze dall'infanzia alla maturità; ho ritrovato il mio Paese, i suoi cambiamenti e le sue promesse infrante; ho ritrovato anche le mie montagne, dall'appennino bolognese, dove vivo, all'Alto Adige che amo fin dalla fanciullezza e che per me, come per Max, è il luogo del cuore.
Non vi garantisco che, per tutti i motivi personali sopra elencati, questo romanzo piacerà a voi com'è piaciuto a me, ma io ve lo consiglio comunque.
La narrazione è scorrevole e rende piacevole la lettura, i personaggi sono studiati ed analizzati veramente molto bene; non mancano le situazioni divertenti ed i simpatici aneddoti famigliari che strappano un sorriso.
Come inciso segnalo che la parte riguardante le scalate degli "ottomila" mi ha spronata ad un personale approfondimento del tema, facendomi scoprire alcuni testi (fra i quali la biografia di Manolo) che sono entrati di prepotenza nella lista dei libri da leggere. Non da ultimo mi sono resa conto che per tutto il tempo mi ronzava in testa una frase: Sector, no limits ... poi dicono i condizionamenti della pubblicità 😄
GIUDIZIO CRITICO: ❀❀❀❀
Troverete altri suggerimenti di lettura su Homemademamma, promotrice dell'iniziativa del Venerdì del Libro.
Dopo quasi 25 anni "rincontro" il signor Brizzi e ... beh, siamo cresciuti entrambi, siamo due adulti che parlano e scrivono/leggono da adulti. Ma ci conosciamo e ci riconosciamo in una corrispondenza che si rinnova anche a distanza di tempo. Questa è una storia da adulti, ma la narrazione è dolce e nostalgica come, a modo sua, lo era quella del protagonista adolescente di allora; solo più matura e disincantata.
Trama tratta da Mondadori:
Teo ha 39 anni, un lavoro sicuro, una bella casa, una macchina aziendale ed una donna diversa ogni week-end. Non ama impegnarsi troppo a fondo per quel che riguarda i sentimenti, ma la sua vita gli va abbastanza bene così. Non come suo fratello Max che ha sempre avuto un atteggiamento radicale in ogni cosa: nel rapporto con i genitori come nell'amore per l'alpinismo; nello sposarsi a fare i figli dopo i trenta, come nel separarsi rovinosamente dopo i quaranta.
Teo sta rientrando a Bologna dopo giorni di lavoro lungo la costa adriatica quando riceve la telefonata dei genitori, i quali lo informano, angosciati, che Max non si trova insieme ai suoi bambini.
Così Teo si lancia in un viaggio a rotta di collo verso l'Alto Adige, dove Max vive. Un viaggio che è anche un viaggio nel passato.
Sostanzialmente questo romanzo è la narrazione della vita, dagli anni '70 ad oggi, di una famiglia italiana normalissima, come ce ne sono tante, potrebbe essere la mia come la vostra. Per questo, quello con Enrico Brizzi, è stato di nuovo un incontro emotivo molto bello.
Io sono sostanzialmente coetanea di Max, quindi leggere la loro vita, dall'infanzia all'età adulta, è stato un po' come rileggere la mia. I giochi da bambini in cortile, le vacanze al mare in Romagna con la nonna, persino l'amore per la montagna, pure questo abbiamo in comune. La scuola, gli anni che passano, l'inevitabile distanza che in adolescenza si crea fra fratelli; il rapporto con la famiglia, che è diversa dalla mia ma alla fine neanche poi così tanto; il ritrovarsi, una volta adulti.
Sullo sfondo l'Italia che cambia e che fa capolino fra le pagine e nella vita dei protagonisti: dall'"Italia da bere" degli anni '80, al terremoto di Mani Pulite alle incertezze della Seconda Repubblica. Noi, figli degli anni '70, figli del boom economico, eravamo destinati a grandi cose; abbiamo avuto un'istruzione eccellente, pagata a suon di sacrifici dai nostri genitori, convinti che questo ci avrebbe spianato la strada verso una vita di successo. Ma la società è cambiata attorno a noi e ci siamo ritrovati ad annaspare soffocati da mutui impossibili, lavori precari ed un'economia che non è più in boom ma in flop.
Quindi, quello che sembra un romanzo semplice, forse pure banale, è invece un romanzo che narra in maniera puntuale ed efficace la storia degli ultimi 40 anni, i cambiamenti sociali e culturali, il tutto attraverso gli occhi di due fratelli.
In questo libro ho ritrovato Bologna, i bolognesi, le mie esperienze dall'infanzia alla maturità; ho ritrovato il mio Paese, i suoi cambiamenti e le sue promesse infrante; ho ritrovato anche le mie montagne, dall'appennino bolognese, dove vivo, all'Alto Adige che amo fin dalla fanciullezza e che per me, come per Max, è il luogo del cuore.
Non vi garantisco che, per tutti i motivi personali sopra elencati, questo romanzo piacerà a voi com'è piaciuto a me, ma io ve lo consiglio comunque.
La narrazione è scorrevole e rende piacevole la lettura, i personaggi sono studiati ed analizzati veramente molto bene; non mancano le situazioni divertenti ed i simpatici aneddoti famigliari che strappano un sorriso.
Come inciso segnalo che la parte riguardante le scalate degli "ottomila" mi ha spronata ad un personale approfondimento del tema, facendomi scoprire alcuni testi (fra i quali la biografia di Manolo) che sono entrati di prepotenza nella lista dei libri da leggere. Non da ultimo mi sono resa conto che per tutto il tempo mi ronzava in testa una frase: Sector, no limits ... poi dicono i condizionamenti della pubblicità 😄
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