Mara è la mamma di Lesley, diciassette anni, e Megan, nove anni; bellissima e affascinante non è però una mamma come le altre, qualcosa in lei sembra spezzato o fuori posto e non è solo perché veste in modo informe indossando vestiti da uomo o perché ha la fissazione del non sprecare il cibo, ma è anche soprattutto per i suoi sempre più frequenti periodi di depressione.
Mara è di origine ungherese, famiglia di elevata posizione sociale, poi decaduta a causa del declino dell'Impero Austro-Ungarico. C'è un buco temporale nella vita di Mara: allo scoppiare della seconda guerra mondiale è stata mandata a Dresda da una zia. Cos'è successo lì? Anche Cowan, suo marito, la conobbe al termine del conflitto, in ospedale, ridotta ad una larva umana, con i bellissimi capelli rasati e sfibrata dal tifo. Cosa l'aveva ridotta così, solo la fame causata dalla guerra?
La vita per Mara è poi proseguita, il matrimonio, il trasferimento prima in Galles e poi negli Stati Uniti nel 1957, la maternità. Ma nemmeno l'amore del marito e delle figlie riesce a cancellare quello che lei nasconde, di cui non parla, perché lei "non dimentica mai" com'è solita dire. La sua è un'anima spezzata ... c'è speranza e salvezza per un'anima spezzata? Questo interrogativo percorre tutto il romanzo, fino alla scoperta dell'atroce segreto di Mara, quelle cose che solo la guerra può permettere che accadano.
Non è un libro facile, ma, per vari motivi, mi ha toccato molto. La tristezza è il filo conduttore: la tristezza di Mara per quello che ha passato, la tristezza di Lesley che vorrebbe essere una normale adolescente ma che risente moltissimo della depressione della madre, la tristezza di Cowan teneramente innamorato della moglie ma conscio di non essere in grado di salvarla dal baratro in cui sta cadendo.
Nella tristezza capire è l'imperativo e, com'è normale, sono i giovani che devono capire, quindi è Lesley che deve dare a tutti i costi una risposta al comportamento della mamma.
Bisogna essere in vena e preparati al tipo di lettura, ma io lo suggerisco perché fa pensare a quanto sia difficile convivere con i propri fantasmi. Mai giudicare chi non ce la fa.
Giudizio critico : ❀❀❀❀
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